Il dapagliflozin è un SGLT2 inibitore di notevole potenza
I farmaci SGLT2 inibitori sono efficaci non solo nei confronti dell’equilibrio glicemico, bensì anche nella protezione cardiovascolare, particolarmente evidente nei confronti della prevenzione e cura dello scompenso cardiaco. Questo vantaggio è apparso estendibile alla nefroprotezione ed alla popolazione non diabetica tanto da far rapidamente entrare gli SGLT2 nel contesto della prima linea dei farmaci da usare per la terapia dello scompenso cardiaco secondo le più recenti Linee Guida Europee.
Claudio Ferri
Il controllo del rischio cardiovascolare nel paziente ipercolesterolemico richiede, oltre ad un deciso intervento sullo stile di vita, anche il ricorso alla terapia farmacologica. Le statine riducono significativamente il rischio di eventi fatali e non fatali ma vi sono rischi d’interruzione della terapia per via dell’intolleranza alle stesse, che coincide largamente con la comparsa di sintomi muscolari.
Claudio FerriUniversità dell’Aquila – Dipartimento MeSVA Da quando è pressoché terminato per le classi meno agiate il periodo “carenziale” ed il cittadino medio ha cominciato a conoscere un periodo di facile ed economicamente sostenibile accesso al cibo, in concomitanza con una coeva, netta riduzione dell’attività fisica quotidiana legata allo sviluppo esponenziale che “lavorano al posto dell’essere umano” gli eventi […]
Una classe da riconsiderare? Claudio Ferri – Università dell’Aquila, Dipartimento MeSVA Il calcio libero intracellulare è fondamentale ai fini della costrizione arteriosa e la sua compartimentalizzazione rispetto a quello extracellulare è gelosamente regolata da complessi meccanismi omeostatici (vedi tabella sottostante). In questo contesto, i calcio-antagonisti di tipo diidropiridinico sono farmaci dall’azione antiipertensiva prolungata, che agiscono principalmente bloccando l’ingresso del […]
Il paziente affetto da diabete mellito di tipo 2 ha purtroppo un rischio assai consistente di ospedalizzarsi o morire per complicanze vascolari. Secondo le Linee Guida ESC il rischio cardiovascolare del paziente diabetico è di tipo molto elevato anche in prevenzione primaria
In prevenzione cardiovascolare primaria e secondaria Claudio Ferri e Rita del PintoUniversità dell’Aquila – Dipartimento MeSVA, UOC Medicina Interna e Nefrologia, Ospedale San Salvatore, L’Aquila L’acido acetilsalicilico rappresenta un caposaldo nella prevenzione delle recidive degli eventi coronarici e cerebrovascolari, in prevenzione quindi secondaria, ma ha comunque un suo posto rilevante anche in prevenzione cardiovascolare primaria (1). Esso può essere somministrato […]
Il decremento della mortalità successiva all’introduzione delle terapie antiipertensiva, ipoglicemizzante ed ipocolesterolemizzante ed all’uso degli antiaggreganti piastrinici sembra essersi stemperato nel tempo, mentre appare lo spettro di una anticipazione degli eventi cardiovascolari, anche prima della sesta decade. La prevenzione delle malattie cardiovascolari dovrebbe essere maggiormente spinta, sia in termini di ampiezza della popolazione trattata che di intensità ed obiettivo del singolo trattamento, anche se molti elementi fanno sospettare che le terapie preventive non siano sempre usate come dovrebbero dal singolo paziente.
Sebbene i fattori di rischio CV “classici” svolgano un certo ruolo nel codificare l’incremento del rischio cardiovascolare presente nell’AR è evidente come la stessa AR, in relazione al processo flogistico cronico che la determina, rappresenti un fattore di rischio CV indipendente
Lo studio CLEAR-outcomes è il primo studio controllato su vasta scala mirato espressamente al paziente statino-intollerante trattato con l’acido bempedoico, con l’obiettivo di verificare la capacità dello stesso acido bempedoico, usato alla dose fissa di 180 mg/die, di ridurre gli eventi cardiovascolari maggiori.
È importante investigare i fattori di rischio della non-aderenza ai farmaci per raggiungere obiettivi terapeutici positivi riducendo il rischio di malattia manifesta. Ad oggi, pochi studi hanno posto l’attenzione sulle caratteristiche e le dimensioni dell’influenza dei fattori individuali del paziente con patologia cardiovascolare nella gestione della propria salute.
Il passaggio dal modello biomedico all’approccio biopsicologico ha migliorato la gestione della salute dei pazienti promuovendo una più efficace e funzionale consapevolezza della propria salute. DEAL WITH è un progetto di studio osservazionale condotto su pazienti con diagnosi di patologia cronica, con un’età media di 50 anni e disturbi vari.
Quale è il valore normale di uricemia, i nuovi aspetti fisiopatologici dell’iperuricemia, l’uso della colchicina per la gotta e quali considerazioni da fare sul farmaco e sulla giusta conduzione del livello di uricemia nel paziente
Un livello di potassiemia prossimo oppure superiore a 5.0 mEq/L è combinato ad incremento della mortalità per tutte le cause e cardiovascolare, con un andamento lineare della correlazione mortalità/potassiemia già a partire da livelli superiori a 4.5-5.0 mEq/L
La pericardite acuta recidivante o ricorrente è una patologia che colpisce fino al 30% dei pazienti che hanno manifestato un primo episodio sintomatico, usualmente a distanza di almeno 4 settimane dal primo.
[…]È mia opinione che ben conoscendo la farmacologia clinica dei farmaci ipolipemizzanti sia più consono iniziare ogni strategia sull’uso di un preparato di combinazione fissa statina+ezetimibe. Come secondo commento credo che il posto ove posizionare correttamente acido bempedoico sia più in alto rispetto agli inibitori di PCSK9.
L’ipercolesterolemia familiare eterozigote (HeFH) è un disordine ereditario del metabolismo lipidico, determinato generalmente da una mutazione allelica singola e caratterizzato da un incremento precoce e consistente del colesterolo circolante veicolato dalle lipoproteine a bassa densità (LDL) (1). Le manifestazioni cliniche determinate dalla mutazione e, ne consegue, dall’elevazione della LDL colesterolemia sono estremamente rilevanti, con comparsa di malattia aterosclerotica – anche fatale […]
In Italia, risultando la prevalenza media di ipertensione arteriosa pari a circa il 31%, si può ipotizzare che esistano molto più dei quindici milioni di pazienti ipertesi cui, sovente, si fa riferimento. Soprattutto in considerazione del livello di controllo attualmente esistente è possibile dichiarare l’esistenza di un vero e proprio stato di allarme conseguente alla presenza di ipertensione.
Come è noto, l’iperuricemia e la gotta sono due condizioni ben note, la cui prevalenza è in progressivo incremento in italia come in Europa. Responsabile di ciò sarebbero, secondo molti, le cattive abitudini alimentari e le bevande zuccherine.
Fino a pochi anni fa, il classico armamentario contro l’ipercolesterolemia era costituito dai soli inibitori della idrossimetilglutaril-coenzima A (HMG-CoA) reduttasi, più noti come statine, nonché da ezetimibe e, residualmente, dalle resine sequestranti gli acidi biliari. Ad oggi possiamo contare anche sugli inibitori della proproteina convertasi subtilisina/kexina tipo 9 (PCSK9) e su molecole in fase avanzata di valutazione, pertanto prossimi alla commercializzazione: inclisiran, evinacumab ed acido bempedoico.
Nello studio DECLARE-TIMI-58 sono stati studiati 17.160 pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2, di cui 10.186 senza malattia vascolare accertata, seguiti per una mediana di 4.2 anni. È di particolare interesse speculativo la rivisitazione pre-specificata dello studio, in cui i pazienti sono stati categorizzati in accordo al filtrato glomerulare , il rapporto albuminuria/creatininuria ed il punteggio per malattia renale cronica ottenuto usando i parametri precedenti
In una recentissima disamina è stato preso in considerazione un enorme database, relativo a soggetti vaccinati contro il COVID-19. Gli eventi avversi sono risultati numericamente molto modesti e, peraltro, nettamente sopravanzati dalla capacità del vaccino di prevenire la malattia, almeno nella sua forma severa.
Lo studio PURE è un grande studio osservazionale mirante ad investigare le correlazioni esistenti tra stile di vita e fattori di rischio modificabili ed insorgenza di eventi cardiovascolari fatali e non fatali e morte per tutte le cause. Lo studio è condotto in 21 Paesi (5 continenti) tra loro assai differenti per composizione etnica, cultura e livello socio-economico, localizzati in aree geograficamente caratterizzate per essere sia urbane che non-urbane.
I fattori di rischio modificabili per malattia coronarica (coronary artery disease, CAD), anche quelli relativi allo stile di vita, sono associati ad uno stato infiammatorio sistemico cosiddetto “a bassa intensità”, di cui è espressione il riscontro di livelli elevati di proteina C-reattiva (CRP).
Molti pazienti con ipercolesterolemia non riescono a ottenere una sufficiente riduzione dei livelli di colesterolo LDL. Ciò malgrado l’impiego di farmaci oppure di combinazioni tra farmaci ipolipemizzanti di comprovata efficacia, somministrate in accordo con le vigenti linee guida.
Potremmo dire che in prevenzione primaria la discussione è sostanzialmente diretta a chiarire se l’acido acetilsalicilico si debba usare o meno e, se si, quando e come. In prevenzione secondaria, invece, la discussione non è sull’antiaggregazione o meno, ma su come effettuarla.
Il corretto alternarsi tra un fisiologico sonno ed una sana veglia influenza marcatamente molti sistemi neuro-endocrini, tutti profondamente coinvolti nell’omeostasi cardiovascolare e metabolica. Ne consegue ovviamente, che i disturbi sia qualitativi che quantitativi del sonno influiscono negativamente sul metabolismo e sull’apparato cardiovascolare, incrementando il rischio cardiometabolico globale
La presenza di elevati livelli di colesterolo LDL rappresenta una rilevante causa di malattia vascolare su base aterosclerotica pertanto è necessario abbassare durevolmente il colesterolo LDL e ridurre il rischio.
Al fine di illustrare l’applicazione delle attuali linee guida in vari contesti clinici si è voluto sintetizzare l’evidenza disponibile per gli agenti ipolipemizzanti tradizionali ed emergenti.
Lo studio EMPEROR-Reduced rappresenta un contesto adeguato per quantificare l’influenza dell’inibizione della neprilisina sugli effetti dell’inibizione di SGLT2, come da analisi prevista nel protocollo dello studio.
È nota l’associazione tra statine e la possibile insorgenza di diabete mellito di tipo 2. L’acido bempedoico ha invece tutte le caratteristiche per divenire una validissima alternativa per i pazienti intolleranti alle statine e/o con necessità di ottenere una ulteriore riduzione dei livelli di colesterolo LDL.
L’aumento della pressione di riempimento ventricolare sinistro è un aspetto tipico dell’insufficienza cardiaca con frazione di eiezione conservata (heart failure with preserved ejection fraction, HFpEF), una forma di scompenso cardiaco particolarmente frequente nelle donne
La carenza di ferro è caratteristica comune nei pazienti con insufficienza cardiaca. La carenza marziale si associa ad intolleranza all’esercizio, minore qualità di vita e prognosi infausta, soprattutto – ma non solo – in pazienti con scompenso cardiaco con frazione di eiezione ridotta.
Le linee guida raccomandano il trattamento della dislipidemia sia in prevenzione primaria che secondaria. Sebbene la terapia con statine sia efficace e costituisca – insieme alla dieta – il trattamento di prima linea nella gestione delle dislipidemie, molti pazienti non raggiungono i livelli prefissati di colesterolo LDL.
L’acido bempedoico è un nuovo farmaco ipolipemizzante non statinico che inibisce la biosintesi epatica di colesterolo a livello dell’ATP-citrato liasi, due passaggi a monte del bersaglio delle statine (l’enzima HMG-CoA reduttasi) (Figura 1). Somministrato come profarmaco, l’acido bempedoico viene convertito in forma attiva da un enzima presenti solo nel fegato, ma non nei muscoli striati. La mancanza del metabolita attivo […]
L’ipertensione arteriosa rappresenta un determinante cruciale della morbilità e mortalità cardiovascolare. Nonostante le raccomandazioni delle più recenti Linee Guida europee sul tema, la vasta gamma di farmaci a disposizione e le misure relative allo stile di vita intraprese da diverse nazioni, il raggiungimento dell’obiettivo pressorio desiderabile è rimasto nettamente minoritario rispetto alla immensa quantità di pazienti ipertesi (circa un terzo […]
Nell’era successiva a quella delle statine, i più potenti farmaci ipolipemizzanti usciti sul mercato sono rappresentati dagli anticorpi monoclonali. Questi monoclonali, infatti, sono in grado di ridurre il colesterolo LDL dal 45% al 64% quando aggiunti a statina+ezetimibe, risultando per altro efficaci anche quando usati in monoterapia.