Oggi gli xenotrapianti – i trapianti effettuati grazie a donatori diversi dall’uomo – rappresentano una frontiera sempre più ambiziosa, virtuosa e interessante.
Anche se gli interrogativi sia etici che scientifici sono evidenti, si guarda con interesse a questa metodologia che punta a risolvere uno dei problemi endemici della medicina.
Stiamo parlando dell’assenza di donatori. Il trapianto è la soluzione a diverse condizioni critiche del corpo umano, basti pensare a quanti risultati si ottengono grazie a trapianti del cuore, dei reni, del fegato e del midollo. Non sempre è possibile, non sempre è facile.
Questa realtà è tale non solo per questioni tecniche e squisitamente mediche. A volte il problema riguarda la disponibilità dei donatori. Ecco perché l’universo degli xenotrapianti può diventare un porto sicuro per chi cerca una soluzione rapida a un problema grave.
Cosa sono gli xenotrapianti?
Con questo termine intendiamo i trapianti effettuati sfruttando cellule, tessuti e organi provenienti da organismi diversi da quello umano. L’obiettivo è quello di consentire ai tanti malati in attesa di ricevere la cura ideale anche in assenza di un donatore umano.
I primi xenotrapianti sono stati effettuati negli anni ‘60 del Novecento. Dopo i primi esperimenti tra animali vi fu, nel 1984, un trapianto di cuore di babbuino condotto su una neonata con malformazione cardiaca: la bambina sopravvisse circa 20 giorni, ma il fallimento della procedura portò ad uno stop nella sperimentazione e alla conclusione che l’uso di organi di primati non fosse accettabile dal corpo umano.
Come suggerisce questo articolo dell’Università di Padova, il suino resta l’animale che risponde nel modo migliore. D’altronde, questa compatibilità è comprovata dall’utilizzo, ormai trentennale, di valvole cardiache di derivazione suina per gli interventi al cuore.
I motivi di questo “successo” sono da ricercare nella maggiore velocità di sviluppo dei suini rispetto ai primati non umani, come i babbuini, ed alla similitudine nelle dimensioni degli organi. Inoltre, da un punto di vista cinicamente tecnico, l’utilizzo dei maiali rappresenta una scelta eticamente più accettabile dato il numero elevato di animali disponibili. Restano chiaramente i limiti etici e morali di una condotta che possa utilizzare animali come semplici “pezzi di ricambio”.
Il primo xenotrapianto di cuore
La notizia è rimbalzata su tutti i siti di informazione mondiale lo scorso 11 gennaio, quando l’Università del Maryland ha dichiarato di aver terminato con successo il primo trapianto di cuore da maiale geneticamente modificato verso un essere umano.

Il paziente, un cinquantasettenne statunitense già in lista di attesa per ricevere un trapianto di cuore, era stato recentemente dichiarato ineleggibile per un trapianto tradizionale e sarebbe quasi sicuramente morto se non avesse ricevuto questa nuova tipologia di impianto.
L’uomo, infatti, aveva subito un tracollo delle proprie condizioni generali di salute tale che non sarebbe potuto rientrare negli standard necessari per ricevere una donazione umana. A questo punto, dunque, la possibilità di poter salvare una vita umana ha superato gli interrogativi etici che circondano questa tipologia di trapianto. I progressi della tecnica hanno poi fatto sì che i tessuti del donatore animale fossero compatibili con il ricevente mediante manipolazione genetica.
Alla fine dello scorso anno la FDA aveva dato approvazione per un uso compassionevole di questa procedura sperimentale, dando così il via libera all’operazione.
Come riporta anche l’ANSA, l’uomo sarà comunque “costantemente seguito nelle prossime settimane per verificare se il trapianto fornisce dei benefici salvavita”.
[Questo cuore] “crea pulsazioni, crea pressione, è il suo cuore” ha dichiarato il Dr. Barthley Griffith, il direttore del programma di trapianti cardiaci del centro medico che ha diretto l’operazione.
Aggiornamento del 9 Marzo
A distanza di circa due mesi dal trapianto, David Bennett, il paziente cui era stato impiantato il cuore di maiale geneticamente modificato, è morto.
Non è chiaro se il suo corpo abbia rigettato l’organo estraneo. “Non c’è una causa evidente identificata al momento della sua morte”, ha detto una portavoce dell’ospedale. I funzionari dell’ospedale hanno detto che non possono commentare ulteriormente la causa della morte, prima che i medici non abbiano terminato di condurre un esame approfondito. I risultati saranno pubblicati in una rivista medica peer-reviewed non appena possibile.
Perché si punta sugli xenotrapianti
Il motivo principale è l’assenza di organi donati da persone in vita o decedute. Il trapianto resta una delle terapie più promettenti ed efficaci in molti campi ma le liste di attesa, come indica il sito ufficiale trapianti.sanita.it, sono un fenomeno fisiologico in Italia.
La domanda supera l’offerta. Quindi possiamo avere anche un’attesa media di 5 anni per un trapianto del pancreas e quasi 4 per quello del cuore: tempi biblici che potrebbero essere ridotti con un’applicazione costante della materia relativa agli xenotrapianti.
Come può aiutare questa metodologia?
Attualmente, il sito www.ncbi.nlm.nih.gov ci ricoda che gli xenotrapianti possono sostituire organi e aiutare a risolvere diverse patologie. Ad esempio si può parlare di xenotrapianto del cuore con sopravvivenza a lungo termine di innesti cardiaci di suini geneticamente modificati combinati con un trattamento basato su un anticorpo monoclonale (mAb) anti-CD40.
Quali sono i limiti di questa procedura?
Oltre all’aspetto etico e alle proteste degli animalisti, uno degli aspetti più preoccupanti dal punto di vista scientifico e medico è la possibilità di sviluppare infezioni riportate dall’animale. Con questa tecnica c’è rischio di incompatibilità, possono esserci casi di rigetto e il suino donatore potrebbe trasportare – con cellule e tessuti – delle minacce per l’uomo.




“The use of xenotransplantation raises concerns regarding the potential infection of recipients with both recognized and unrecognized infectious agents and the possible subsequent transmission to their close contacts and into the human population”.
Secondo il sito della FDA, i vantaggi ci sono ma lo xenotrapianto resta un problema per quanto riguarda la potenziale infezione.
Il tessuto animale potrebbe innestare agenti infettivi più o meno riconosciuti dal corpo umano. Preoccupa l’infezione da retrovirus, che può essere latente e portare alla comparsa di malattie anni dopo l’infezione. Tutto questo è ancora un limite per gli xenotrapianti?
Secondo il Prof. Cesare Galli, fondatore di Avantea (azienda che ha come obiettivo lo sviluppo di soluzioni innovative nel campo delle biotecnologie riproduttive in ambito sia zootecnico che biomedico) tale pericolo sarebbe oggi infondato, giacché esistono tutte le competenze scientifiche per poter approntare correttamente tutti i preparativi necessari ad evitare scenari di infezione.
Gli sviluppi di questa strategia medica
Le frontiere che si aprono di fronte agli xenotrapianti abbracciano il trapianto di pancreas, dei reni e addirittura di cornee e polmoni. Le metodologie sono promettenti perché si lavora su due fronti: studio delle terapie per combattere le infezioni e i rigetti, allevamento di suini geneticamente modificati. Ecco cosa suggerisce a tal proposito pubmed.ncbi.nlm.nih.gov:
“If the source pigs are bred and housed under biosecure isolation conditions, and weaned early from the sow, most microorganisms can be eradicated from the herd. The potential risk of porcine endogenous retrovirus (PERV) infection remains unknown, but is probably small. Attention is being directed toward the selection of patients for the first clinical trials of xenotransplantation”.
I dati sono chiari: se i suini vengono allevati e alloggiati in condizioni di isolamento e svezzati precocemente, la maggior parte dei microrganismi può essere eliminata dall’allevamento.
Il potenziale rischio di infezione da retrovirus endogeno da suino rimane comunque sconosciuto, ma probabilmente è di bassa entità. A tutto questo bisogna aggiungere un’altra riflessione: quella sui materiali artificiali: la frontiera del trapianto può essere rivalutata a favore di questi risultati che hanno una grande capacità di applicazione.
Il CNR, ad esempio, riporta notizie interessanti rispetto a un materiale biocompatibile (cristalli liquidi elastomerici capaci di contrarsi sotto stimolazione luminosa) che può riprodurre il movimento cardiaco in modo simile o con forza superiore. In questo modo può diventare una valida alternativa per un trapianto da effettuare in caso di infarto.
In più verrebbe a mancare il problema etico e non si utilizzeranno suini allevati con tecniche genetiche particolari solo per darci materiale organico da utilizzare per i trapianti.
L’obiettivo è sempre lo stesso: snellire e decongestionare le liste di attesa per ricevere un organo nuovo e ritrovare nuova vita. Quale strada sceglierai in un prossimo futuro?