In questo articolo tratteremo l’argomento dell’insufficienza cardiaca attraverso la pubblicazione di un lavoro suddiviso in tre parti, data la vastità e la complessità del tema in questione, ed anche in vista della prossima uscita delle linee guida ESC 2021 sullo scompenso cardiaco
Prima parte - Qui la seconda parte - Qui la terza
Circa 14 milioni di europei sono affetti da insufficienza cardiaca cronica, l’equivalente della popolazione del Belgio, con un’incidenza di 3,6 milioni di nuovi casi annui ed una stima di oltre 30 milioni di pazienti previsti per il 2020. Nei paesi occidentali la percentuale di malati varia dall’1% al 2% della popolazione, valore che cresce in modo esponenziale con l’aumentare dell’età. La mortalità per questa patologia è comunque elevata (6% ad un anno, che sale al 23% ad un anno nei pazienti ospedalizzati per tale malattia; circa 50% a 5 anni dalla diagnosi), nonostante si osservi una riduzione del rischio di morte laddove siano stati intrapresi idonei programmi di prevenzione e con l'avvento di terapie innovative negli ultimi 5-10 anni.
I dati del Ministero della Salute dimostrano come il DRG n°127 (insufficienza cardiaca e shock) rappresenti il terzo in ordine di prevalenza tra tutti i ricoveri ospedalieri nell’anno 2017, rappresentandone il 2,8% del totale, dopo il parto e, per poco, dopo la sostituzione di articolazioni maggiori o reimpianto agli arti inferiori. Va inoltre detto che quando un paziente viene ricoverato per scompenso cardiaco, solo nel 22% dei casi viene gestito da strutture di Cardiologia, mentre in oltre il 70% dei casi la gestione è a carico delle unità operative di Medicina Interna, e solo marginalmente in altre strutture internistiche o di geriatria. Inoltre, è stato ampiamente dimostrato anche da numerosi studi clinici come ad esempio il Temistocle (2003) e lo studio Confine (2011) come i pazienti con scompenso cardiaco (SC) ricoverati nei reparti di Medicina Interna siano mediante più anziani e comorbidi rispetto a quelli ricoverati nei reparti di cardiologia, e che lo SC raramente si presenta come entità clinica isolata, accompagnandosi molto comunemente ad una o più patologie coesistenti (e/o misconosciute) variamente interconnesse tra loro, alcune delle quali si presentano associate ad esso più comunemente di altre. Tali interazioni tra le patologie satellite e la malattia indice sono complesse e diverse da individuo ad individuo, e spesso non facilmente prevedibili.
La letteratura è ormai concorde nell'insistere su un concetto fondamentale: lo SC è una malattia in larga parte prevenibile. Non è un "ineluttabile" invecchiamento del cuore e del sistema vascolare con l'avanzare dell'età, ma rappresenta quasi sempre il risultato finale di tutta una serie di stili di vita errati (come ad esempio il fumo e l'eccessivo introito di calorie e sodio) che conducono alla comparsa (spesso anni/decenni prima dell'evento SC) di patologie endemiche come l'ipertensione arteriosa (non adeguatamente sotto controllo nel tempo), l'obesità, il diabete mellito, a loro volta condizioni che predispongono e favoriscono l'insorgenza della malattia.
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