Integratori alimentari: si o no?

L’assunzione di integratori alimentari, compresi quelli di origine vegetale, da parte di consumatori di varia tipologia, giovani, anziani, casalinghe, professionisti, atleti o praticanti attività sportive amatoriali, è ormai divenuta una consuetudine, anche se, questa pratica,  spesso manca di una qualsiasi validazione scientifica.

Le motivazioni all’acquisto, nella maggior parte dei casi, sono la ricerca del benessere psico-fisico (46.1%) o la risposta a specifiche esigenze di salute (42.8%). (BocconiTrovato & Partners).

Il canale d’acquisto preferito è la farmacia, dove nel solo anno 2008 sono state vendute oltre 90 milioni di confezioni (+4,8 rispetto all’anno precedente), cui si  devono sommare le 19 milioni di unità vendute nella grande distribuzione (super ed ipermercati) e le oltre 6 milioni acquistate nel canale parafarmacia (AcNielsen).

Al primo posto nelle scelte dei consumatori italiani ci sono gli integratori di vitamine e di minerali (52.5%), seguiti da fermenti lattici o integratori energetici e sportivi a base di vitamine e sali minerali (36%)  ; seguono gli aminoacidi e le proteine (14.4%), categoria, questa, che vede un netto predominio maschile (il 23% contro il 9.9% delle donne).

Appare evidente che tale pratica, spesso stimolata da allettanti campagne pubblicitarie e di marketing, può comportare rischi (più o meno gravi) per la salute , conseguenti: ad effetti farmacodinamici per possibili sovradosaggi (perché spesso si ritiene tale prodotto privo di effetti collaterali) ed a fenomeni di “accumulo”, specialmente quando l’assunzione non risulti motivata da reali esigenze di ridotta sintesi o aumentato fabbisogno dei principi attivi contenuti nel prodotto.

Infine, è utile sottolineare come tra i cosiddetti “integratori” possano celarsi sostanze farmacologicamente attive e/o additivi non dichiarati in etichetta. All’abuso di questo genere di prodotti conseguono evidenti rischi per il consumatore, non solo per l’atleta che può incorrere in una positività al controllo anti-doping, ma anche per lo sportivo-amatore, per il quale possono, in linea teorica, svilupparsi reazioni avverse.Spesso, l’utilizzatore di tali sostanze, reputa che la loro origine naturale ne garantisca automaticamente l’innocuità, cioè la mancanza di controindicazioni e di effetti  collaterali.

Ma quali sono le motivazioni che spingono all’uso o (spesso) all’abuso di tali sostanze?

Numerose sono le ragioni che possono spiegare perché si sia verificato un aumento di interesse verso gli integratori alimentari.
In primo luogo, un numero sempre crescente di persone partecipa ad attività sportive di vario livello, con stimoli evidenti alla competizione ed al miglioramento delle proprie prestazioni.  Per coloro che praticano sport a livelli di competizione professionistici, vi sono sollecitazioni di natura economica e di gratificazione che inducono a superare i propri limiti anche con “aiutini”.

Per gli atleti  amatoriali, spesso sono presenti motivazioni legate all’emulazione dei professionisti e/o a bisogni indotti da specifiche  e non disinteressate campagne di “informazione”.

Comunque, negli ultimi anni, si è assistito anche ad un incremento della ricerca scientifica nello studio degli integratori  dietetici  non solo per il miglioramento della prestazione sportiva, ma anche per rispondere ad una aumentata richiesta di farmaci “naturali” per curare  squilibri metabolici (ipercolesterolemia o intolleranza glicidica) per lo più legati ad abitudini alimentari errate.

Ed è singolare osservare, come per il fruitore di tali sostanze, sia accettato di buon grado il pagamento di cifre spesso superiori al costo di omologhi preparati farmaceutici, per utilizzare prodotti di dubbio effetto farmacologico, ma considerati “naturali” e non dannosi per l’organismo.

Per quanto riguarda l’utilizzo negli sportivi, esiste ampia difformità di giudizio sulla effettiva necessità  di “reintegrare”, in quanto, secondo molti nutrizionisti e tecnici, ciò può essere ottenuto semplicemente mantenendo un regime  alimentare  bilanciato  e sfruttando  le fisiologiche capacità di recuperare  dallo  sforzo  fisico  sostenuto.

Il mercato  degli  integratori  alimentari mette a disposizione della popolazione sportiva una vasta e differenziata gamma di prodotti (dalle vitamine agli aminoacidi)  che vengono commercializzati con il fine più o meno esplicito di aumentare l’efficienza della performance atletica. Di  pari  passo si è  verificato  un  notevole aumento degli studi e delle pubblicazioni scientifiche a sostegno dell’effettiva validità di quanto disponibile sul mercato.

Va tuttavia considerato che non sempre i dati  ottenuti  sono  concordi  fra  loro  e  talvolta  le pubblicazioni  in  questione  non  hanno  superato  la prova di  una  rigorosa  verifica  della  metodologia utilizzata e dei risultati ottenuti.

Ma qual è la reale efficacia di questi prodotti? Gli integratori fanno bene o fanno male? Sono sicuri?
Innanzitutto gli integratori alimentari, proprio perché “integratori” sono prodotti volti a favorire l’assunzione di principi nutritivi non presenti adeguatamente nella normale alimentazione o favorire il riequilibrio di sostanze consumate in maniera abnorme. Essi, dunque, non hanno proprietà curative, ma servono ad integrare una normale dieta.

Soprattutto in conseguenza dell’assunzione di dosaggi eccessivi,  in  ambito  strettamente  sportivo  ed agonistico va tenuto in considerazione anche il rischio di  doping  accidentale,  con  ciò  intendendo  la probabilità di incorrere in un risultato di positività all’esame  anti-doping  conseguente  all’assunzione involontaria di principi attivi banditi dal regolamento anti-doping.

Ancora oggi la normativa che regola l’assunzione di tali sostanze, appare piuttosto lacunosa e non omogenea nei diversi Paesi dell’Unione Europea  (vedi il caso della creatina,  fuorilegge in Francia, ma consentita in Italia ed in diverse altre Nazioni).

Ad  un quadro  legislativo che disciplina l’intero settore dei prodotti farmaceutici, chiaro e puntuale, non fa purtroppo riscontro un’analoga copertura normativa per  ciò  che  concerne  gli  integratori  alimentari.

Pur volendo considerare sempre rispettate le “norme” di  sicurezza e buona fabbricazione, con l’utilizzo di prodotti garantiti e corrispondenti a quanto dichiarato in etichetta, in alcuni casi  si  incorre  in  doping,  sia  pure  involontario, semplicemente per una conoscenza superficiale delle caratteristiche del prodotto assunto.

È opportuno sottolineare come non sia sufficiente l’origine vegetale degli ingredienti utilizzati per  essere sicuri di non incorrere in sostanze vietate e/o dannose che verrebbero quindi assunte  involontariamente.

Tra gli esempi, ogni giorno più numerosi, a conferma di tale eventualità, si possono citare i prodotti a base di efedra,  spesso  indicata  con  la denominazione cinese Ma Huang, contenente efedrina e gli alcaloidi ad essa correlati. Altrettanto diffusi sono gli integratori a base di guaranà, noce di cola e tè verde, contenenti caffeina. Da varie fonti è stato riportato che il polline del pino scozzese, al pari di altre piante o semi, può contenere tracce di androstenedione, un pro-ormone androgeno, precursore del testosterone.

Con sempre maggiore frequenza si scoprono esempi di contaminazione di integratori con precursori  di  steroidi  anabolizzanti. Quanto sopra riportato vale anche   per  altre  classi  di  integratori, ad  esempio,  alcune formulazioni  di  aminoacidi  ramificati sono state scoperte contaminate con nandrolone e/o altri steroidi anabolizzanti.

Il rischio dell’utilizzo di questi preparati chimici, oltre quello connesso all’assunzione di qualunque pasticca che si ingerisca, è che si  possa pensare di sostituire con un farmaco o un integratore un regime alimentare e ad uno stile di vita sani;  infatti ben un italiano su tre non segue la dieta mediterranea sostituendola con l’assunzione di integratori alimentari ed una alimentazione frettolosa e nutrizionalmente scorretta.
I nutrizionisti sono, in genere, molto scettici sull’utilizzo degli integratori, ritenendo che sia decisamente preferibile affidarsi alla natura piuttosto che alla chimica: le classiche cinque porzioni di frutta e verdura fresche al giorno sono in grado di proteggerci dai danni del colesterolo elevato, dall’ictus, dall’infarto e dai più comuni danni cerebro-cardiovascolari.

Diverso e più articolato è il caso di “integratori” come i policosanoli, indicati per favorire  in modo “naturale” il controllo delle dislipidemie e la riduzione dello stress ossidativo causato da radicali liberi (lo stress ossidativo comporta un invecchiamento della cellula e quindi dei tessuti con tutto quel che ne consegue in termini di efficienza ed aggrava il rischio di malattie cardiovascolari legate all’arteriosclerosi) oppure l’utilizzo di aminoacidi essenziali con vitamine del gruppo B, indicate nella sintesi di proteine miofibrillari e proteine mitocondriali. Queste ultime sostanze sono state (ed in larga parte sono tutt’oggi) oggetto di ricerca scientifica, con sviluppo di protocolli di studio controllati, che ne hanno testato sia le caratterisctiche farmacologiche che la tollerabilità e la qualità del processo, produttivo.

Nel primo caso, trovano impiego in tutti quei casi di iperdislipidemia, che non può essere trattata con farmaci (vedi statine) per intolleranza del paziente e/o per non rimborsabilità del S.S.N. Nel secondo caso, evidenze scientifiche, come lavori pubblicati su imporatnti riviste (es. the European Journal of Heart Failure 10 (2008):1127-1135) hanno dimostrato che con un’adeguata nutrizione e supplementazione di una specifica miscela di aminoacidi, è possibile migliorare lo stato nutrizionale ed i disordini metabolici a livello muscolare in pazienti con scompenso cardiaco che mostravano una perdita di massa muscolare.Ma, accanto ad esempi come quelli citati, di importante ricerca, ed adeguata distribuzione presso le farmacie ed i centri autorizzati, esistono condizioni nelle quali le vie di importazione e distribuzione sono quantomeno dubbie, ed è  per questo, che per tutti coloro che ritengono di dover ricorrere ad integratori, per qualsiasi motivo, dallo sport alla riduzione lipemica, il primo consiglio è quello di rivolgersi al proprio medico o al proprio farmacista di fiducia ed evitare “il fai da te” o “il passaparola”  che potrebbero portare a conseguenze pericolose proprio per il bene che si vuole tutelare, la salute.

P.S. Dopo gli yogurth che abbassano il colesterolo, prepariamoci ad una nuova offensiva: un preparato innovativo arriva dall’Università di Cambridge, ed è un superconcentrato di pomodoro che promette di eliminare il grasso dalle arterie. C’è da scommettere che sarà un successo.

 

Dr. GABRIELE CATENA
DIPARTIMENTO DI CARDIOLOGIA TERRITORIALE E MEDICINA DELLO SPORT ASL TERAMO
PRESIDENTE NAZIONALE SISMED