La prestigiosa rivista scientifica riporta un articolo davvero foriero di buone notizie.
Secondo un recente studio portato avanti in più di 170 nazioni, la vaccinazione anti-covid19 porterebbe anche una protezione comunitaria, oltre che personale del soggetto vaccinato.
Tale protezione, non scontata inizialmente, offrirebbe dunque una minore circolazione del virus e quindi una protezione di essere contagiati anche per gli individui non vaccinati.
Lo studio pubblicato su Nature

Leggiamo su Nature: “analizzando i registri delle vaccinazioni e i risultati in una vasta popolazione di 177 comunità geograficamente definite, troviamo che i tassi di vaccinazione in ciascuna comunità sono associati a un sostanziale declino successivo delle infezioni tra una coorte di individui di età sotto i 16 anni, non vaccinati. In media, per ogni 20 punti percentuali di individui vaccinati in una data popolazione, la frazione positiva del test per la popolazione non vaccinata è diminuita di circa il doppio. Questi risultati forniscono prove osservative che la vaccinazione non solo protegge gli individui che sono stati vaccinati, ma fornisce anche una protezione incrociata agli individui non vaccinati nella comunità.”
La necessità di mantenere le norme di distanziamento
L’articolo pone anche l’accento sull’aspetto psicologico-comportamentale della vaccinazione negli individui, i quali potrebbero avere un falso senso di protezione ed abbassare la guardia.
“La vaccinazione potrebbe, in linea di principio, anche aumentare la trasmissione a causa di effetti comportamentali, poiché gli individui vaccinati potrebbero non metterSI in quarantena dopo aver contattato un paziente con COVID-19 o potrebbero essere meno consapevoli delle misure di distanziamento sociale”
Il metodo di studio
Riguardo la metodologia, il gruppo di ricerca ha recuperato dati ed analisi sulle vaccinazioni dalla seconda organizzazione sanitaria di Israele, in un periodo dal 9 Dicembre al 9 Marzo 2021, considerado il record del test dal 1° marzo 2020 e includendo solo le comunità in cui la frazione di persone risultate positive entro il 9 marzo 2021.
Per ciascuno di questi intervalli di tempo di vaccinazione, è stato definito un corrispondente intervallo di test di 3 settimane spostato nel tempo con un ritardo di 28 giorni, per consentire l’immunizzazione presunta degli individui vaccinati e la successiva protezione incrociata degli individui non vaccinati per avere effetto.
I limiti dello studio
Gli stessi autori dello studio sottolineano come siano necessarie ancora diverse ricerche per validare i risultati delle loro scoperte.
In primo luogo, oltre all’immunità basata sui vaccini, le infezioni di individui non vaccinati potrebbero essere influenzate anche dall’immunità acquisita naturalmente.
In secondo luogo, il comportamento individuale e le linee guida di politica pubblica, compresa l’applicazione e il rispetto di un blocco imposto tra l’8 gennaio e il 7 febbraio 2021 (rif. 15,16,17), potrebbero essere correlati ai tassi di vaccinazione e anche influenzare il potenziale di infezione del gruppo non vaccinato. In terzo luogo, la proporzione tra la frazione di test positiva misurata e il tasso di infezione effettivo potrebbe essere diversa in ciascuna comunità e potrebbe anche variare nel tempo.
Infine, la popolazione di studio è stata limitata ai membri dell’organizzazione sanitaria presa in esame, rappresentativi solo di una parte della popolazione complessiva per ciascuna comunità.
Le conclusioni
Sebbene la protezione associata al vaccino osservata della popolazione non vaccinata sia incoraggiante, sono dunque necessari ulteriori studi per capire se e come le campagne di vaccinazione potrebbero supportare la prospettiva dell’immunità di gregge e dell’eradicazione delle malattie
Nonostante la necessità di ulteriori analisi i dati scaturiti dalla ricerca dimostrano come vi sia una forte associazione negativa tra il tasso di vaccinazione a livello di comunità e il rischio di infezione per i membri non vaccinati della comunità.