Le statine sono tra i farmaci oggi più frequentemente usati e certamente tra i più studiati.
Delle statine si conoscono molto bene i vantaggi in termini di prevenzione cardiovascolare che derivano ai pazienti nei quali vengono utilizzate. Come per tutti i farmaci peraltro è lecito aspettarsi anche la insorgenza di eventuali effetti collaterali o di eventi avversi. La storia delle statine è però ricca di molte discussioni non solo sulla loro reale utilità (e questo in particolare nei primi anni del loro impiego quando ancora qualche “negazionista” metteva in dubbio la reale efficacia della riduzione del colesterolo) ma più ancora sui loro possibili effetti dannosi, ivi comprese neoplasie e miopatie. Se rapidamente si è sgombrato il campo da un possibile effetto cancerogeno di questi farmaci, ampiamente negato dai risultati di numerosi studi clinici randomizzati e controllati e dagli studi osservazionali su registri di popolazioni, altrettanto non è successo per i disturbi muscolari.
Questo tipo di effetti collaterali è molto vario e va dal sintomo dolore (che è sempre un qualcosa di soggettivo) alla miolisi vera e propria, che viene documentata anche con dati certi di laboratorio e quindi non è discutibile. Per quanto riguarda la mialgia si sono riscoperti con le statine una serie di sintomi o di effetti collaterali dei farmaci poco conosciuti prima. Si fa qui riferimento all’effetto “nocebo” e cioè al fatto che così come una sostanza “placebo” può indurre effetti benefici (o almeno ritenuti tali) nella persona che la assume, altrettanto una sostanza “placebo” (non un farmaco) possa indurre la comparsa di effetti avversi nella persona che la assume. Questi ultimi effetti avversi sono perciò definiti effetti “nocebo”. Le statine sono state oggetto nel corso del tempo di numerose discussioni circa la loro possibilità di danneggiare l’organismo ed è stato facile quindi ritrovare la comparsa di un sintomo del tutto soggettivo (come la mialgia) tra gli effetti avversi lamentati dai pazienti, in particolare da quei pazienti che avendo avuto modo di leggere il foglietto illustrativo si sono fatti suggestionare dall’idea della mialgia. Confrontando le frequenze della comparsa di mialgia negli studi clinici randomizzati con le frequenze osservate negli studi di popolazione si notano grandi differenze per cui è difficile stimare in modo preciso la comparsa di questo sintomo in chi assume le statine.
Certamente non si tratta di un evento molto frequente, ma che deve essere ben valutato dal medico, anche per non perdere l’aderenza del paziente ad una terapia che molto spesso va considerata un salva vita. La prima cosa da fare è di sicuro l’ascolto del paziente in modo da capire quanto questo sintomo sia reale. Se ci si rende conto che effettivamente il paziente soffre di dolori muscolari tutte le linee guida sono concordi non solo nell’eseguire esami di laboratorio che possano svelare la presenza di un eventuale danno muscolare, ma soprattutto nel cercare di mantenere l’effetto ipocolesterolemizzante delle statine provando a cambiare statina o a ridurne il dosaggio associando un secondo farmaco ipolipidemizzante alla statina. Molto spesso così facendo è possibile mantenere l’effetto ipocolesterolemizzante con il raggiungimento del target terapeutico e salvaguardare la aderenza terapeutica in quel paziente. L’associazione di un secondo farmaco ipocolesterolemizzante alla statina diviene in questi casi una vera necessità terapeutica
Per conoscere ulteriori dettagli sull’argomento può essere utile leggere: E. S. Stroes et al. Statin-associated muscle symptoms: impact on statin therapy – European Atherosclerosis Society Consensus Panel Statement on Assessment, Aetiology and Management. European Heart Journal (2015) 36, 1012-1022.
Enzo Manzato