L’ipertensione arteriosa rappresenta il primo fattore di rischio per ictus cerebri (1), tra il primo ed il secondo per malattia coronarica (1), il primo per scompenso cardiaco (2) ed ancora una volta il secondo per insufficienza renale terminale (3). Questa tragica classifica dovrebbe già costituire un motivo valido per promuovere in ognuno di noi la prevenzione dell’ipertensione arteriosa attraverso uno stile di vita corretto oppure la normalizzazione di valori pressori anormali attraverso il medesimo stile di vita corretto + l’uso di farmaci antiipertensivi, preferibilmente come combinazione fissa tra due o tre farmaci.
Tuttavia, ben sappiamo come così non sia.
In aggiunta, non possiamo non rilevare come la già tragica classifica sopra elencata sia ampiamente illusoria ed “aggiornata per difetto”. I pazienti ipertesi, infatti, molto più comunemente dei normotesi manifestano anomalie metaboliche – spesso ignorate – che ne incrementano ulteriormente il rischio cardiovascolare. Purtroppo una seconda volta, infine, al potenziale lesivo determinato dal combinarsi dell’ipertensione arteriosa con gli altri fattori di rischio cardiovascolare – quali ipercolesterolemia e diabete mellito – si unisce un ulteriore, triplice dramma: quello dell’insufficiente controllo del singolo fattore di rischio e/o della mancata conoscenza della sua esistenza e/o della discontinua assunzione della terapia farmacologica (cosiddetta “vacanza terapeutica”).
Dura Lex sed Lex - Accesso riservato
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