L’ipotesi che l’esercizio di resistenza a lungo termine possa portare a un aumento paradossale dell’aterosclerosi coronarica è stato nuovamente sollevato da un recente studio. Nello studio Master@Heart, gli atleti che avevano svolto lavoro di resistenza per tutta la vita, avevano più placche coronariche, comprese più placche non calcificate, rispetto a individui in forma e sani con un profilo di rischio cardiovascolare altrettanto basso.
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Possono essere utili i risultati di un recente studio che ha valutato in soggetti sani quale sia il ruolo di Lp(a) e del calcio coronarico quali fattori indipendenti di rischio vascolare. Lp(a) è un parametro geneticamente determinato: può bastare una sola determinazione nella vita di un paziente, in quanto le sue variazioni (anche per effetto dei farmaci) sono per lo più modeste. Il calcio coronarico è un marcatore molto specifico di progressione di aterosclerosi
In questo articolo il Prof. Manzato riassume brevemente la cronostoria della ricerca sulle malattie cardiovascolari, dalle mummie egizie ai giorni nostri.
Il fine è quello di non dimenticare mai come la ricerca scientifica sia un processo in continua evoluzione e di come sia un compito imprescindibile del medico quello di mantenere una formazione costante per il beneficio dei propri pazienti.
È stato presentato all’ultimo congresso ANMCO un recente studio condotto da CliCon srl in collaborazione con un campione di Aziende Sanitarie Locali Italiane finalizzato a stimare la quota di pazienti dislipidemici in trattamento con farmaci ipolipemizzanti che non raggiungono il target di C-LDL
I risultati di una recenti analisi real-world sull’impatto dell’aderenza ai farmaci ipolipemizzanti nel raggiungimento del target lipidico in Italia.
Quanto incide la Lipoproteina(a) sul rischio cardiovascolare? Identificata da Kare Berg all’inizio degli anni Sessanta, la lipoproteina(a) è una glicoproteina simile al plasminogeno e sintetizzata dal fegato. È costituita dal legame tra l’apolipoproteina (apo)B e la glicoproteina apo(a) ed ha una bassa densità simile a quella della lipoproteina LDL, dalla quale si differenzia appunto per la presenza di apo(a). Apo(a) è caratterizzata da ripetizioni di una struttura insolita detta ‘kringle’ […]
Uno studio osservazionale spontaneo longitudinale, conforme alla Dichiarazione di Helsinki, condotto presso ambulatori di ipertensione arteriosa e prevenzione cardiovascolare e di cardiologia. Lo studio ha avuto una durata di 24 settimane, con valutazione intermedia a 12 settimane e valutazione finale a 24 settimane
Il controllo del rischio cardiovascolare nel paziente ipercolesterolemico richiede, oltre ad un deciso intervento sullo stile di vita, anche il ricorso alla terapia farmacologica. Il classico armamentario farmacologico contro l’ipercolesterolemia, costituito a lungo dai soli inibitori della idrossimetilglutaril-coenzima A (HMG-CoA) reduttasi, più semplicemente noti come statine, nonché da ezetimibe, è stato recentemente arricchito da numerose molecole, quali gli inibitori della proproteina convertasi subtilisina/kexina tipo 9 (PCSK9) [1]. Altri […]
La più frequente iperlipidemia genetica non è l’ipercolesterolemia familiare, bensì la iperlipidemia combinata familiare. Quest’ultima è una malattia ben conosciuta da tempo ed è stata comunque indicata anche nella “nota 13” come la forma genetica più frequente.
Lo studio AT-TARGET-IT è un registro multicentrico che coinvolge 9 centri italiani, progettato per valutare l’efficacia, l’aderenza e la persistenza degli anti-PCSK9, nonché per valutare la congruità delle prescrizioni dei medici nei pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica (ASCVD) o ipercolesterolemia familiare (FH).
La lipoproteina(a), Lp[a], è un importante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari.
In uno studio recentemente pubblicato su JAMA, vengono valutati gli eventi avversi e la tollerabilità di un breve RNA interferente (siRNA) SLN360, progettato per ridurre la produzione epatica di Lp(a).
La stenosi aortica, è una patologia valvolare (valvulopatia) dovuta al restringimento dell’apertura della valvola aortica.
Questo restringimento limita il flusso sanguigno dal ventricolo sinistro all’aorta.
L’acido bempedoico ha ridotto significativamente e costantemente i livelli di colesterolo LDL rispetto al placebo, indipendentemente dallo stato glicemico basale, con sicurezza paragonabile al placebo e simile tra i gruppi di pazienti con normoglicemia, prediabete e diabete conclamato.
Concentrando l’attenzione sul distretto coronarico si è persa di vista una caratteristica fondamentale della malattia aterosclerotica, che è quella di essere una malattia polidistrettuale, che interessa diffusamente le arterie. Più recentemente rispetto al distretto coronarico sono stati valutati gli effetti dannosi del colesterolo e gli effetti benefici della terapia ipolipidemizzante anche in altri distretti arteriosi, in particolar quello cerebrale e quello periferico.
L’obesità infantile è un problema che non si può ignorare. Oggi è sempre più importante prendersi cura dei più piccoli per evitare problemi futuri.
Quando un paziente viene informato che la causa dei suoi mali consiste in un restringimento di una arteria provocato da una placca, egli rivolge spontaneamente al medico una domanda: il restringimento può regredire? Esistono ovviamente tecniche oggi disponibili che rendono possibile dilatare una stenosi arteriosa, ma il problema sollevato dal paziente sta nella possibilità di fermare la progressione, o meglio ancora di far regredire una placca aterosclerotica. Fino a poco […]
Il controllo del rischio cardiovascolare nel paziente ipercolesterolemico richiede, oltre ad un deciso intervento sullo stile di vita, anche il ricorso alla terapia farmacologica. Le statine riducono significativamente il rischio di eventi fatali e non fatali ma vi sono rischi d’interruzione della terapia per via dell’intolleranza alle stesse, che coincide largamente con la comparsa di sintomi muscolari.
Il decremento della mortalità successiva all’introduzione delle terapie antiipertensiva, ipoglicemizzante ed ipocolesterolemizzante ed all’uso degli antiaggreganti piastrinici sembra essersi stemperato nel tempo, mentre appare lo spettro di una anticipazione degli eventi cardiovascolari, anche prima della sesta decade. La prevenzione delle malattie cardiovascolari dovrebbe essere maggiormente spinta, sia in termini di ampiezza della popolazione trattata che di intensità ed obiettivo del singolo trattamento, anche se molti elementi fanno sospettare che le terapie preventive non siano sempre usate come dovrebbero dal singolo paziente.
Lo studio PESA è uno studio longitudinale effettuato su 4184 dipendenti di una banca volto ad esaminare i parametri biologici e comportamentali associati con lo sviluppo della aterosclerosi sub-clinica.
Attraverso le analisi, condotte con tecniche di imaging cardiovascolare ormai molto diffuse, si indaga sugli esordi della malattia aterosclerotica in una coorte di individui (63% uomini e 37% donne) di età mediamente adulta in soggetti a basso rischio.
Le coronaropatie, o malattie coronariche, sono anche chiamate cardiopatie ischemiche. Si sviluppano quando le arterie coronarie non riescono a fornire abbastanza sangue ricco di ossigeno e sostanze nutritive al cuore.
Cosa provoca le coronaropatie? E quali sono (se ci sono) i sintomi?
Approfondiamo questo argomento leggendo l’articol
Lo studio CLEAR-outcomes è il primo studio controllato su vasta scala mirato espressamente al paziente statino-intollerante trattato con l’acido bempedoico, con l’obiettivo di verificare la capacità dello stesso acido bempedoico, usato alla dose fissa di 180 mg/die, di ridurre gli eventi cardiovascolari maggiori.
Le lipoproteine a bassa densità sono anche conosciute con il nome di colesterolo “cattivo” e costituiscono la maggior parte del colesterolo del corpo. Alti livelli di colesterolo LDL aumentano il rischio di aterosclerosi e ictus.
Studi recenti hanno chiarito il ruolo della lipoproteina(a) nel rischio cardiovascolare e nell’aterogenesi.
Il costante incremento della popolazione di età pari o superiore a 75 anni e la necessità di ridurre il rischio di eventi avversi cardiovascolari hanno portato all’attenzione della comunità scientifica la gestione del trattamento ipolipemizzante negli anziani
L’ipercolesterolemia familiare eterozigote (HeFH) è un disordine ereditario del metabolismo lipidico, determinato generalmente da una mutazione allelica singola e caratterizzato da un incremento precoce e consistente del colesterolo circolante veicolato dalle lipoproteine a bassa densità (LDL) (1). Le manifestazioni cliniche determinate dalla mutazione e, ne consegue, dall’elevazione della LDL colesterolemia sono estremamente rilevanti, con comparsa di malattia aterosclerotica – anche fatale – nei casi più gravi fin dalle prime due decadi […]
Nonostante i notevoli passi avanti fatti negli ultimi anni le malattie cardiovascolari restano la principale causa di morbilità e mortalità nei pazienti diabetici. La Società Americana di Diabetologia all’inizio di ogni anno pubblica un aggiornamento dei cosiddetti “Standard di cura del diabete”. Vediamo cosa fare
Il Prof. Andrea Poli tratta un interessante punto di vista in merito al tema della gestione del colesterolo: come mai l’evoluzione umana ha “permesso” che vi fosse un fattore di rischio così importante con l’incedere dell’età? Come mai il corpo umano non ha provato a limitarne i danni? In considerazione delle possibili complicanze, il colesterolo può essere considerato un problema per la nostra specie? Prima parte Seconda Parte
La presenza combinata di ipertensione e ipercolesterolemia è stata ampiamente associata ad un incremento significativo dell’incidenza di complicanze cardiovascolari. Nonostante evidenze indichino come un regime politerapico con farmaci antipertensivi e ipolipemizzanti possa essere efficace nel ridurre l’insorgenza di eventi cardiovascolari, diversi studi hanno mostrato una quota non ottimale di pazienti trattati in modo appropriato con tali terapie.
I fibrati attivano i PPAR-α, recettori ormonali nucleari epatici, che fungono da fattori trascrizionali regolati anche da acidi grassi e loro derivati. L’attivazione dei PPAR-α (i) aumenta la produzione della lipasi lipoproteica e dell’apolipoproteina A-V e diminuisce i livelli plasmatici di apoCIII. I PPAR-α possono anche essere coinvolti nell’omeostasi glucidica, nell’infiammazione, e nella funzione vascolare
Nella pratica clinica il raggiungimento dei livelli target di colesterolemia raccomandati dalle linee guida delle Società Europee di Aterosclerosi e di Cardiologia (EAS/ESC) è da sempre di difficile applicazione. Quali sono i livelli ottimali e quali le terapie più efficaci
Si digiuna per espiazione, per religione, per necessità e anche per moda. Cosa succede al nostro corpo in caso di digiuno intermittente? E al nostro cuore?
Lo studio TIPS-3 ha inteso valutare se l’uso di una singola compressa comprendente una statina, una associazione di farmaci anti-ipertensivi ed aspirina avesse un effetto benefico sugli eventi cardiovascolari in prevenzione primaria
Il diabete aumenta di due-quattro volte il rischio di malattia coronarica e cerebrovascolare. In un paziente diabetico, la terapia ed i controlli di tutti i fattori di rischio associati dovranno essere tempestivi ed efficaci, anche in presenza di valori che da soli non avrebbero imposto un tale livello di attenzione.
Molti pazienti con ipercolesterolemia non riescono a ottenere una sufficiente riduzione dei livelli di colesterolo LDL. Ciò malgrado l’impiego di farmaci oppure di combinazioni tra farmaci ipolipemizzanti di comprovata efficacia, somministrate in accordo con le vigenti linee guida.
Gli studi di epidemiologia osservazionale hanno spesso rilevato un’associazione diretta tra il consumo di carne e di alimenti di origine animale ed il rischio cardiovascolare. I dati più recenti hanno in realtà significativamente ridimensionato il possibile ruolo dei saturi sul rischio cardiovascolare
Quasi tutti i nostri pazienti hanno sentito parlare del colesterolo “buono”. Dal mondo della ricerca stanno arrivando novità importanti, che suggeriscono la necessità di una revisione di questo tema, anche per i riflessi clinico-terapeutici che tale revisione può comportare.
Nei primi anni ’90 uno studio contribuì ad elevare il vino rosso a bevanda dagli effetti curativi per il cuore, aumentando del 44% le vendite in USA.
Ma è davvero così?
Scopri le differenze fra 4 tipi di attività fisiche: allenamento funzionale, pilates, allenamento a intervalli ad alta intensità e total body e i loro benefici per la salute.
Alcuni studi retrospettivi condotti durante la “prima ondata” dell’epidemia da Covid-19 hanno indagato la possibile riduzione di mortalità da Covid-19 nei pazienti che assumevano statine rispetto a pazienti che, a parità di condizioni di gravità della malattia, non le assumevano.
Le LDL ossidate sono captate dai macrofagi presenti nella parete arteriosa che così finiscono con il trasformarsi in cellule schiumose, ripiene di lipidi.
Recentemente gli studi condotti con la tecnica della “randomizzazione mendeliana” hanno permesso di conoscere meglio come alcuni fattori di rischio si associno agli eventi vascolari.
Svolgere regolare attività fisica fa indubbiamente bene, al corpo e alla mente. Ma quanto incide l’attività fisica nella riduzione dei fattori di rischio cardiovascolari come la riduzione del colesterolo LDL nel sangue?
La presenza di elevati livelli di colesterolo LDL rappresenta una rilevante causa di malattia vascolare su base aterosclerotica pertanto è necessario abbassare durevolmente il colesterolo LDL e ridurre il rischio.
Al fine di illustrare l’applicazione delle attuali linee guida in vari contesti clinici si è voluto sintetizzare l’evidenza disponibile per gli agenti ipolipemizzanti tradizionali ed emergenti.
Ogni anno, in Europa le malattie cardiovascolari sono responsabili di oltre quattro milioni di decessi. L’aumento di C-LDL è una causa prevalente di atherosclerotic cardiovascular disease e, parimenti, la riduzione degli eventi cardiovascolari correla linearmente con la riduzione dei livelli di colesterolo LDL, senza una soglia inferiore (almeno fino a 35 mg/dl)
La relazione tra malattie cardiovascolari e Covid-19 è complessa, si rischia di ignorare allarmi pericolosi che riguardano la salute del cuore.
Un recente articolo prende in considerazione il rapporto esistente tra riduzione del colesterolo delle LDL e prevenzione degli eventi cardiovascolari
Gli attuali interventi farmacologici utilizzati per contrastare la progressione della patologia aterosclerotica si concentrano quasi esclusivamente sulla riduzione dei livelli plasmatici della colesterolemia LDL. Tuttavia, dati clinici supportano un ruolo importante e aggiuntivo dell’infiammazione alla dislipidemia nell’aterotrombosi.
Nonostante le statine abbiano una documentata efficacia nell’abbassare i livelli di colesterolo LDL, spesso esse risultano sottodosate.
Il bisogno di nuovi farmaci ipolipemizzanti nasce dalla necessità di trattare efficacemente pazienti con livelli elevati di colesterolo che non possono essere controllati dall’impiego delle terapie attualmente in uso (statine, ezetimibe, fibrati, inibitori di PCSK9).
È legittimo dedicare minore attenzione agli interventi di controllo della colesterolemia nei soggetti oltre i 75 anni di età, specie se in prevenzione primaria? Molti clinici risponderebbero probabilmente positivamente a questa affermazione. Ma è davvero la via giusta?
Il colesterolo può aumentare in gravidanza, ma quando i livelli sono troppo alti possono insorgere problemi. Scoprine le cause e come prevenirlo.