Nella prevenzione cardiovascolare in relazione al profilo di rischio dei pazienti
Nonostante numerose evidenze indichino che l'aderenza alla terapia con statine sia un fattore essenziale nel determinare l'efficacia del trattamento, e che una maggiore aderenza sia associata ad una significativa riduzione del rischio di eventi cardiovascolari in prevenzione primaria e secondaria, nei pazienti trattati con statine si registrano in pratica clinica livelli subottimali di aderenza che non migliorano nel corso degli anni.
Allo scopo di analizzare l’aderenza al trattamento con statine in base a specifiche caratteristiche demografiche e cliniche dei soggetti trattati, è stata condotta un’analisi retrospettiva, recentemente pubblicata sul quotidiano Sanità 24 del Sole 24 Ore, basata sui dati estratti dai flussi amministrativi correnti di un campione di Aziende Sanitarie Locali (ASL). Sono stati considerati nell’analisi 646.786 pazienti con almeno una prescrizione di statine nel periodo fra gennaio 2014 e dicembre 2016. I pazienti sono stati categorizzati in “cluster di rischio” esclusivi riguardanti la presenza di pregressi ricoveri per cause cardiovascolari (7% della popolazione inclusa), diabete (19%), almeno un trattamento che potesse indicare l’esistenza di fattori di rischio cardiovascolare (51%) e nessuno dei fattori precedenti (23%). Dalla distribuzione dei pazienti nei cluster di rischio per decadi di età (Tabella 1), è emerso che tra le categorie più popolate rientrano i pazienti sotto i 75 anni, ovvero sotto la soglia di anzianità, con assenza di fattori di rischio e dunque con una aspettativa di vita maggiore rispetto ai pazienti negli altri cluster. Nelle medesime categorie si sono riscontrati bassi livelli di aderenza (Tabella 2). In particolare, una scarsa aderenza è stata osservata in tutto il cluster senza fattori di rischio, da un minimo del 22% di pazienti aderenti con età inferiore ai 45 anni ad un massimo del 37% nella decade 65-74 anni. Nella fascia d’età al di sotto dei 45 anni, si nota come in tutti i cluster la proporzione di pazienti aderenti sia inferiore al 50%.


I dati presentati delineano un profilo del paziente trattato con statine al di sotto della soglia di anzianità e non aderente alla terapia. Tali risultati potrebbero rappresentare utili strumenti per implementare strategie differenziate e puntuali volte ad aumentare l’aderenza in base alla tipologia di paziente e alle diverse motivazioni sottostanti un’aderenza subottimale.Alcune soluzioni che potrebbero contribuire a migliorare l’aderenza riguardano la promozione della continuità terapeutica mediante anche una minor sostituzione tra prodotti appartenenti allo stesso principio attivo; una diversa modalità di distribuzione dei farmaci: nei pazienti dimessi dopo infarto acuto del miocardio, la distribuzione del primo ciclo di terapia con statine in regime di erogazione diretta ha contribuito ad aumentare il livello di aderenza di circa il 10% in più rispetto alla dispensazione territoriale. Infine, risulta importante per le ASL adottare sistemi di monitoraggio che permettano di identificare e monitorare i pazienti con una aderenza subottimale. Riguardo al fattore età, per i pazienti più giovani possono essere intraprese iniziative volte a migliorare la comunicazione tra operatore sanitario e paziente per convincerlo della bontà della terapia, mentre nei pazienti anziani la semplificazione dei regimi terapeutici potrebbe rappresentare una soluzione volta al miglioramento dell’aderenza.
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