Una delle ultime teorie più accreditate e supportate da una serie di studi a livello istologico e biochimico, vuole che il long covid derivi da residui dell’RNA virus che si annida in determinati organi, che fungono poi da serbatoio, da cui parte un’azione lenta e continua di infiammazioni.
Quali sono i disturbi da Long-covid più comuni?
E quali sono i residui della malattia da long-covid per il muscolo cardiaco?
Il Prof. Giuseppe Gullace è medico cardiologo. In SISMED è il Coordinatore Nazionale dell’International Committee
Come scrive il Prof. Perrone Filardi nel suo articolo pubblicato su .cuore, sono stati ipotizzati diversi meccanismi per spiegare la persistenza dei sintomi cardiovascolari nei pazienti affetti da long COVID. Un possibile meccanismo sembra essere una risposta autoimmune verso antigeni cardiaci per un meccanismo di mimetismo molecolare.
È stata anche ipotizzata la possibilità che si sviluppi una risposta infiammatoria cronica a causa della persistenza di un reservoir virale a livello miocardico. Questo meccanismo potrebbe essere amplificato dal contributo proinfiammatorio svolto dal tessuto adiposo perivascolare mediante il rilascio di adipochine il che correla bene con l’evidenza della maggiore prevalenza di incompleta guarigione che si osserva nei pazienti obesi affetti da patologia cardiometabolica. Studi recenti hanno anche evidenziato una maggiore espressione di fattori protrombotici il che potrebbe spiegare le complicanze emboliche anche a distanza di tempo dalla fase acuta. La stessa elevata prevalenza di trombosi polmonare, stimata tra il 5 e il 30%, potrebbe incrementare il rischio di sviluppare ipertensione polmonare.
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